WILLY del sabato, 7 novembre

Nulla di più lontano da me. Un genere di spettacolo che non è nel mio d.n.a. Una romanità che non possiedo, nella quale non mi riconosco. Non sono uno che ama scherzare sugli orrori dell’esistenza. Non sono uno che apprezza il “tiramo a campà”, o il “famose ‘na risata”. Non sono d’accordo con la politica del sopravvivere, dell’arrivare a fine giornata davanti a un piatto de pastasciutta mettendo a tacere le proprie sofferenze con due barzellette. Preferirei morire (e sperar di rinascere) piuttosto che sopravvivere. Non voglio aver paura di mostrare né il mio dolore né la mia gioia.

Sono uno dei tanti, tantissimi, che ha incontrato una volta nella propria vita Gigi Proietti, secoli fa. Un incontro, un provino, fine. Deve aver pensato probabilmente “che ci faccio con questo ragazzino borghese?” Ed aveva ragione.

Quello poi che penso dell’operazione Globe Theatre è facile e breve a dirsi: un’operazione sociale riuscitissima e onorevole, di una superficialità agghiacciante nei contenuti. Non mi piacciono i registi che lavorano al Globe, con la sola eccezione di Daniele Pecci che anni fa firmò una regia dell’Enrico V e che, guarda caso, lavorò al Globe – se non erro – solo quella volta lì. Sugli attori che lavorano in tali spettacoli non mi esprimo. Si sa che un attore può essere bravissimo quando lavora con un bravo regista, mediocre quando lavora con un regista mediocre, e pessimo quando è nelle mani di un regista pessimo.

Molto interessante è stata l’intervista a Piera degli Esposti, giovedì 4 novembre, su Rai 1 nel programma “Oggi è un altro giorno”. L’attrice ha confessato che Proietti un giorno le disse amaramente: “Non ho avuto ciò che desideravo”.

Non capirò mai perché gli artisti italiani – o gli Italiani – debbano sempre, timidamente, pudicamente, nascondersi dietro le maschere. Roba ovviamente che ci viene dalla Commedia dell’Arte! Noi Italiani, così spavaldi, rumorosi, plateali, melodrammatici, passionali, aggressivi, siamo terrorizzati all’idea di metterci a nudo. Ma è nel nudo che c’è l’anima. Ed è nel nudo solamente  che c’è la possibilità di realizzare i propri sogni. Forse Proietti, con quella malinconica confessione all’amica, intendeva dire proprio questo. Che a forza di barzellette (raccontate in modo sublime) e agghindato di quell’elegante istrionismo un po’ retrò, si era precluso la possibilità di esprimere un’altra bella parte di sé, che certuni potrebbero – per facilità di comprensione – chiamare “lato oscuro”. Così come il Globe di Villa Borghese. Dov’è il lato oscuro? Al di là dei caratteri, dei microfoni (che tutto ammazzano), dei costumi e delle canzoni… dov’è Shakespeare?

Peccato. È sfumato un altro dei miei sogni. Quello di fare un giorno la regia del “Giulio Cesare” con tutto il gota degli attori romani, il malinconico Proietti in testa, magari proprio a fare Cesare! Sarebbe stato uno spettacolo stupendo. Ma l’ho visto solo io, “nell’occhio della mia mente” (Amleto, I,2).

Enrico Petronio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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