ANOTHER PART OF ME

https://youtu.be/U0aIy86P3Tw

Enrico, cosa vuoi fare da grande?

Tempo fa in un’intervista alla radio mi hanno chiesto “perché Shakespeare?” Perché ho scelto Shakespeare come “messaggero” della mia vita? Perché Shakespeare, per raccontare quello che ho dentro? Allora risposi – e lo confermo – che mentre Cechov sembrava un po’ troppo simile alla storia della mia vita, Shakespeare era il viaggio verso il mondo fuori: l’infinita e “infinibile” esplorazione.  Noi siamo a Roma. Che si parta per l’Australia o per Firenze, o per Civitavecchia che è qui dietro l’angolo, in ogni viaggio ci sono milioni di cose da osservare e da annotarsi, milioni di cose nuove da apprendere.

Ma c’è un’atra cosa che voglio aggiungere: una qualità insita in quella mia prima risposta di tempo fa, che vorrei mettere in evidenza. A me piace – mi affascina, ma non è solo affascinazione, è proprio “piacere”! – la complessità dei problemi, e Shakespeare in questo è il mio miglior amico, il mio miglior sostenitore. Per essere un tantinello polemico (ma tanto non faccio danno a nessuno), non mi piace quando la gente la fa semplice. Non mi piace quando ad esempio i nostri politici sono così sicuri delle proprie idee e le manifestano con tanta cieca nonchalance. Certo, mi piace chi esprime le proprie idee con energia, con forza, e con coraggio, e si batte per questo; ma sempre per la propria “opinione”, e mai per la Verità con la “V” maiuscola. Quella non è di questo mondo, e si compone di tutte le nostre misere e giuste verità più piccole.

Io mi sono scelto apposta un mestiere dove nulla è solo in un modo. Non faccio il chirurgo per paura di sbagliare a tagliare, o l’ingegnere per paura di rimuovere il tubo sbagliato. Io faccio un mestiere dove mi batto per la “mia”verità. E Shakespeare è così: è pieno di gente che non è solo buona o solo cattiva. Le cose non sono mai solo bianche o solo nere. Vanno indagate, pensate, immaginate, specchiate da una parte all’altra, e, alla fine, la soluzione e la bellezza della soluzione si compongono di questa complessità, di tutti i tasselli del mosaico.

Poi, quando torno a casa dal viaggio, dove ho visto per la prima volta cose meravigliose ed esotiche, e riporto con me “cartoline” (perché a me piace portarmi a casa le cartoline!), mi accorgo che un po’ di quelle cose stupende che ho visto altrove ce le avevo qui, a casa mia. E il cerchio si chiude.

Che cos’è dunque Shakespeare per me? È solo un’altra pare di me…

E.

 

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