“Esplorare la vita attraverso Shakespeare; esplorare Shakespeare attraverso la vita”.
Arrivato a quarantacinque anni, con relativamente poco di realizzato e ancor meno da perdere, per metà libero e per metà prigioniero (ma prigioniero e carceriere son sempre io), mi guardo intorno e vi dico: il mondo non mi piace. Ora posso dirlo. Senza vergogna, senza paura di apparir gelido o, peggio ancora, moralista. Che colpa ne ho io se il mondo non mi piace? E perché mai devo vergognarmi a dichiararlo? Perché devo frenarmi , o farmi degli scrupoli? Oggi, mentre correvo non so più da quale parte, ho avuto il luminoso sospetto che sia la rabbia a tenermi in vita, persino l’odio. L’odio appollaiato dietro ai miei occhi che molti definiscono “profondi” e persino “sorridenti”. Sarà!
Mi piace il mondo creato da Dio, da Madre Natura, non quello forgiato dagli esseri umani, che è fatto di porte, sbarramenti, spigoli, ingranaggi, cerniere lampo, password, pin, pod. Mi piacciono gli esseri umani, ma solo “nudi”, quando si rispettano gli uni con gli altri.
In questo casino boia che nulla ha da invidiare alla Roma degli shakespeariani drammi romani – “Tito Andronico”, “Giulio Cesare e “Coriolano” – la mia ira è un misto di idealismo, tristezza (per tutte le occasioni mancate) e un dispotico, bruciante e feroce sogno di vendetta. E uso non a caso il termine “sogno”, perché tanto so che il mio Super-Io civilizzato mi impedirà qualsiasi realizzazione di questo mio sogno. Non posso fare altro che chiudere gli occhi alla sera, e immaginare di aprire il fuoco sulla folla. E questo pensiero – lo ammetto: orrendo, disumano – è il solo capace di rasserenarmi, l’unico che mi fa respirare, che mi fa dormire tranquillo. Adesso giudicatemi.
Vorrei avere potere di vita o di morte sugli esseri umani. Vorrei poter eliminare, cancellare dal volto della Terra, gli stupidi, i presuntuosi, gli ignoranti, i superbi, i prepotenti. Senza processo. Senza alcun appello. Senza chiacchiere. Tu commetti un torto nei confronti di qualcun altro, morale o fisico? E io ti elimino. Niente seconda possibilità. Il solo fatto che tu abbia concepito il torto dentro di te esclude la possibilità misericordiosa che tu possa, domani, ravvederti. E perciò sei un fallimento, sei un danno, sei un pericolo. Devi essere punito. Non devi esistere.
Sei inutilmente ingombrante. Serve spazio per gli uomini intelligenti, quelli che si fanno domande, che sono gentili, che aiutano il prossimo. Tu, invece, non sei mai stato qui.
Ieri, mentre tornavo a casa in macchina, nel giro di dieci minuti ho incontrato ben quattro motorini contromano. Naturalmente contromano. È una cosa che mi fa infuriare. Trasgredire la legge con tale quotidiana naturalezza. Ho una domanda: perché io – che mi sforzo di osservare le leggi – devo faticare di più perché tu invece non lo fai? Perché devo essere costretto a stare più attento del dovuto, solo perché tu non ti vuoi abbassare ad essere civile? Secondo gli antichi Greci siamo animali sociali. Secondo me, i Greci erano più ottimisti ed ingenui del sottoscritto. La prossima volta non starò attento. Svolterò alla mia curva e ti metterò sotto, e non sentirò alcun rimorso dentro di me, e mi rifiuterò di prestarti soccorso, e davanti al Giudice griderò “in galera non ci vado; non è colpa mia se quello aveva scelto di andare contromano!”
E guarda queste ultime elezioni! A sentir loro, ciascuno è vincitore! Ma se la logica è logica, qualcuno avrà pur perso! E perché c’è così tanta vergogna a dire “ho perso”? Perché dobbiamo sempre tutti vincere? E cosa vinceremo mai? “Corriamo tutti verso la morte”, sentenzia il Duca in “Misura per misura” di Shakespeare.
Dio, che mondo! Tutti parlano di diritti, nessuno di doveri. Coriolano. Coriolano, lui capirebbe come mi sento, come mi sento spesso io…
Enrico Petronio