E.T., Coriolano e altri Centauri

“There is a world elsewhere” (Coriolanus, III, 3)

Ieri pomeriggio ho rivisto E.T.

Da quando mi occupo di studiare la relazione fra Shakespeare e l’astrologia, mi piace ogni tanto guardare un film ed analizzarlo a partire dal segno zodiacale del regista. Nel caso di “E.T.” parliamo di Steven Spielberg, un Sagittario. E che Sagittario!

Nel film, le caratteristiche della natura del Sagittario ci sono tutte. In primo luogo perché si parla di cose venute dallo spazio, da un altro mondo, dove c’è un altro tipo di vita. Se torniamo a Shakespeare, una delle più celebri battute del personaggio di Coriolano – personaggio che Shakespeare ha costruito secondo le caratteristiche del Sagittario – recita così: “C’è tutto un mondo, da qualche altra parte”. Il Sagittario è definito dall’astrologia  il segno che sa andare e va “oltre”. “Da qualche altra parte”, appunto. Verso mondi che altri ancora non conoscono e che sono invece tutti da scoprire. E da mostrare.

Il rapporto fra il bambino Eliot e l’Extra-terrestre è tutto costruito secondo le caratteristiche del segno del Centauro. Nel Centauro la parte umana e la parte animale convivono in un eterno e profondo dialogo-conflitto, in un amoroso alternarsi di gioia e dolore, pienezza e mancanza. Se prevale una parte, l’altra soffre.

Interessantissimo è il fatto che la relazione fra il bambino e l’alieno cominci con la paura, nella scena in cui per la prima volta Eliot trova l’alieno nel campo di notte. I due urlano all’unisono. Perché per un Sagittario la paura è l’emozione portante della propria vita, e solo imparando a non avere paura – ma per fare questo il Sagittario deve comunque passare attraverso quella faticosa esperienza – il Centauro potrà maturare. Solo se l’umano impara e non temere l’alieno, e l’alieno a non temere l’umano, solo così il Centauro sarà un tutt’uno completo. Umano e alieno devono diventare amici.

Altro momento interessante è quando l’alieno si ubriaca con la birra e Eliot, il bambino, prova gli stessi sintomi mentre è a scuola. L’alcool è per un Sagittario un toccasana fondamentale (se non ne abusa – attenzione!), perché gli impedisce di diventare iper-razionale e libera l’istinto quando questi è troppo represso. Infatti cosa succede un attimo dopo? Eliot, mezzo ubriaco, libera le rane condannate alla vivisezione durante l’ora di scienze. La prigionia, propria o altrui, è per un Sagittario la più violenta delle cattiverie. Non è giusto che una creatura venga imprigionata e uccisa. Tutti meritano la libertà.

Se è vero che il Centauro è il segno dell’esplorazione e dell’andare sempre “oltre”, è anche vero che prima o poi egli sente la nostalgia di casa. Non si può volare per l’universo senza avere una casa alla quale tornare prima o poi. Tutta la lacerazione intima del Sagittario si esprime nel desiderio di andarsene a zonzo per l’universo (anzi, per gli universi) ma sempre con dentro una profonda nostalgia per la casa lasciata. La nostalgia è quella cosa sublime che fa dire all’eterno bambino: “Ohi, ohi!”

Il Sagittario è l’unico capace di fare volare le biciclette così da superare (andare “oltre”, scavalcare) lo sbarramento delle auto della polizia. Immaginazione è potere. Come dice Eliot all’inizio del film: “io ho l’assoluto potere”. Se al Sagittario dovesse mai capitare la sventura di dimenticare che egli sa davvero volare, e può volare, e sa far volare anche tutti gli altri, allora il Sagittario è perduto. Io ne so qualcosa, in questo momento. Spero un giorno di ricordarmi come si fa. Spero di ricordarmi che, una volta, lo sapevo fare.

Quando bambino e alieno si separano, l’alieno chiede al bambino di andare con lui, e il bambino chiede all’alieno di restare. La separazione è dolorosa. La ragione chiede all’istinto di restare, l’istinto chiede alla ragione di andare con lui. Siccome è un film di fantascienza, una favola moderna, ed è giusto che ciascuno degli eroi viva nel proprio mondo, i due alla fine decidono di separarsi. Ma prima di salire sull’astronave, l’alieno dice al piccolo: “io sarò sempre con te”. E con il dito gli tocca la fronte. L’alieno, l’istinto, rimarrà sempre nella mente dell’umano, ed è lì che l’umano potrà andarla a ripescare ogni volta che ne avrà bisogno. La separazione fisica non pregiudica più la vicinanza biologica. Ratio e istinto, d’ora in poi, saranno una cosa sola.

Il film finisce con un primo piano del bambino, cresciuto, maturato, evoluto. Punta gli occhi al cielo e il suo volto è splendente. D’ora in poi quel bambino saprà sempre guardare lontano. Saprà sempre, con occhi come due laser, bucare l’oscurità. Sarà sempre attratto dalle lontananze dell’universo. Nelle meravigliose oscurità (che non spaventano più) si celano le luminose risposte che gli esseri umani non riescono a trovare qui.

Enrico Petronio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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